West Nile, tre nuovi casi nel lazio. In tutto sono 89 in Italia

Il picco dei contagi è atteso per dopo Ferragosto

Zanzara (Fotogramma/Ipa)
Zanzara (Fotogramma/Ipa)
31 luglio 2025 | 09.24
LETTURA: 7 minuti

Tre nuovi casi di West Nile nel Lazio. "Una ha sintomi con la febbre, mentre gli altri due hanno la sindrome neurologica" comunica la Regione Lazio spiegando che "a certificarlo sono le analisi effettuate dal laboratorio di virologia dell'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani - Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Due dei nuovi casi sono stati registrati a Cisterna di Latina e uno a Sabaudia".

"Con questi ultimi accertamenti, nel 2025 le conferme diagnostiche di positività di infezione da West Nile virus salgono a 61 - osserva la Regione Lazio -. Nel dettaglio: 57 casi monitorati dalla Asl di Latina; due casi monitorati dalla Asl Roma 6; un caso monitorato dalla Asl di Frosinone; un caso registrato fuori regione, con probabile esposizione nella provincia di Caserta". "Di seguito, la suddivisione dei 61 casi di virus West Nile: 19 pazienti sono ricoverati in reparti ordinari; 6 persone sono state dimesse; 30 pazienti sono in cura presso il proprio domicilio; tre pazienti sono ricoverati in terapia intensiva; tre decessi", continua.

I casi in Italia

"Salgono a 89 in Italia i casi confermati di infezione da West Nile virus (Wnv) nell'uomo" secondo il bollettino pubblicato oggi dall'Istituto superiore di sanità. Rispetto alla rilevazione della scorsa settimana (32 casi), si contano 57 infettati in più. All'Iss sono stati segnalati al momento "8 decessi".

"Tra i casi confermati dall'inizio della sorveglianza al 30 luglio - si legge nel report - 40 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva (2 Piemonte, 1 Lombardia, 3 Veneto, 1 Emilia Romagna, 23 Lazio, 10 Campania), 2 casi asintomatici identificati in donatori di sangue (1 Veneto, 1 Campania), 46 casi di febbre (1 Lombardia, 5 Veneto, 35 Lazio, 4 Campania, 1 Sardegna) e 1 caso asintomatico (1 Campania). Sono stati notificati 8 decessi (1 Piemonte, 2 Lazio, 5 Campania)". "Salgono a 31 le province con dimostrata circolazione del Wnv appartenenti a 10 regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Sardegna", elenca l'Iss.

Lecce, scoperto asintomatico grazie a test su donatori sangue

Il sistema di sorveglianza della Asl di Lecce per prevenire la diffusione del virus ha intanto individuato un donatore di sangue asintomatico positivo al virus. Il riscontro è avvenuto grazie all'esecuzione del test Nat (Nucleic Acid Test), che viene fatto prima di ogni donazione nella provincia di Lecce ed è in grado di rilevare frammenti di materiale genetico (Dna o Rna) di un virus nel sangue.

La Asl Lecce evidenzia che tutti i Centri trasfusionali della provincia, grazie proprio all'esecuzione del Nat test, "garantiscono donazioni sicure e in grado di riscontrare la presenza del virus". I Servizi Veterinari del Dipartimento di Prevenzione proseguono le attività di sorveglianza nei confronti degli animali riconosciuti possibili vettori ed è stata intensificata la campagna di monitoraggio nei confronti degli insetti. "La situazione allo stato è del tutto sotto controllo", assicura.

La letalità del virus

"La letalità" dell'infezione da West Nile virus, "calcolata sulle forme neuro-invasive fin ora segnalate" che sono 40 su un totale di 89 casi, "è pari al 20% (20% nel 2018 20%, 14% nel 2024)". Lo riporta l'Istituto superiore di sanità. "Nel 2024 - si legge nell'ultimo bollettino - ci sono stati 484 casi (266 nella forma neuro-invasiva), con 36 decessi. Nel 2023 i casi notificati sono stati 394 (195 nella forma neuro-invasiva), con 32 decessi. Il 2022 è l'anno in cui ci sono stati più casi dall'inizio della sorveglianza, 728 (330 nella forma neuro-invasiva) con 51 decessi".

Picco dei casi dopo Ferragosto

Secondo Antonello Maruotti, ordinario di Statistica all'università Lumsa di Roma, per i casi di West Nile si può prevedere "un picco dopo la metà di agosto poi dovrebbe esserci una rapida discesa". In una video intervista pubblicata dal sito rainews.it ha fatto il punto sul virus West Nile che l'ateneo monitora già da anni sul territorio nazionale. "Non è una novità: basti pensare che già nel 2018 abbiamo osservato oltre 550 casi e lo scorso anno ci siamo fermati poco sopra 460", ricorda l'esperto.

Generalmente, però, "negli anni precedenti abbiamo osservato casi di West Nile circoscritti all'Emilia Romagna, al Veneto e alcune zone della Pianura Padana. Quest'anno, invece, finora i casi si sono concentrati soprattutto nella provincia di Latina, quindi nella regione Lazio, e anche in Campania. Una vera novità rispetto al passato", sottolinea Maruotti. Secondo lo statistico, "sicuramente i casi continueranno ad aumentare. I dati degli anni passati ci mostrano una chiara tendenza: la curva comincia a crescere da metà luglio, raggiungendo il picco fra la seconda e la terza settimana di agosto. Per poi scendere molto rapidamente subito dopo".

Bassetti: "Non intasare i pronto soccorso"

È allarme? "In realtà non sembra esserci un aumento dei casi rispetto a quelli che abbiamo visto negli anni precedenti", ribadisce l'infettivologo Matteo Bassetti. Tuttavia la casistica di quest'anno "riguarda regioni diverse, soprattutto il Lazio e la Campania", precisa il primario dell'Irccs ospedale policlinico San Martino di Genova. "Evitiamo l'allarmismo - raccomanda - e cerchiamo di dare delle indicazioni molto precise" ai cittadini. Per esempio su quando è il caso di rivolgersi a un ospedale, in modo da non congestionare i pronto soccorso già alle prese con le difficoltà della stagione estiva.

"Sento dire da alcuni: dovete andare al pronto soccorso quando avete la febbre. Assolutamente no, non è così, non facciamo questo errore", ammonisce Bassetti via social. Ma allora quando bisogna rivolgersi al medico o a una struttura sanitaria? "Intanto - chiarisce l'esperto - se siete stati punti da zanzare in una delle zone endemiche nel nostro Paese" per l'infezione da virus West Nile, e solo "se si ha la febbre insieme a sintomi neurologici quali per esempio mal di testa, rigidità nucale, confusione mentale, paralisi dei nervi facciali, tremori. Ecco, se ci sono dei sintomi neurologici che si associano alla febbre si può andare in ospedale per farsi visitare e diagnosticare. Negli altri casi - tranquillizza Bassetti - non ha nessun senso andare in ospedale e intasare i pronto soccorso".

Rezza: "Puntura di una sola zanzara non significa infezione"

Qualche giorno fa Gianni Rezza, già direttore della Prevenzione del ministero della Salute e oggi professore straordinario di Igiene all'università Vita-Salute San Raffaele, aveva spiegato in un post sulla sua pagina Facebook, che "anche all'interno delle zone" in cui sono stati rilevati casi "una puntura di zanzara non vuole dire infezione certa, e "infezione non significa malattia grave", ma "esiste una gradazione del livello di rischio età dipendente" e sono gli anziani a rischiare di più.

"Quando si affronta il tema del rischio di infettarsi e di ammalarsi in maniera più o meno grave, occorre pensare in termini probabilistici. Deve essere quindi chiaro che esiste una forte variabilità geografica all'interno del nostro Paese, e che il virus West Nile è attualmente presente solo in alcune aree di un certo numero di regioni. Particolare attenzione va quindi posta nell'identificare le aree affette, all'interno delle quali vanno prese particolari precauzioni. Anche laddove West Nile sta attivamente circolando, non è detto che la puntura di una singola zanzara conduca all'infezione (anche se non si può escludere), in quanto la prevalenza di zanzare positive per il virus è in genere bassa, per cui la probabilità di infettarsi cresce col numero di zanzare da cui si viene punti".

Un altro nodo critico, continua Rezza, " riguarda il rischio di sviluppare sintomi o di ammalare gravemente una volta infettati. Su questo, i dati della Regione Lazio, che insieme alle altre regioni sta compiendo un ottimo sforzo sul campo, possono esserci d'aiuto. Su 28 casi identificati a ieri fra provincia di Latina e Anzio, 17 sono neuroinvasivi (il che non vuole dire però necessariamente 'gravi'. I sacri testi ci dicono che su 100 casi, 20 presentano sintomi lievi, e meno di uno va incontro a una grave encefalite. È chiaro che i sistemi di sorveglianza tendono a identificare soprattutto i casi con sintomi più evidenti mentre tendono a 'sfuggire' quelli asintomatici o paucisintomatici (lo scorso anno in Italia 272 dei 460 casi riportati, ovvero più del 50%, aveva sintomi neurologici)".

L'esperienza fatta in nel nostro Paese in questi anni "evidenzia come, anche nella maggior parte dei casi caratterizzati da neuroinvasivita', quelli che poi finiscono in terapia intensiva con sintomi gravi sono fortunatamente pochi (attualmente un paio nel Lazio, oltre purtroppo alla 82enne deceduta). Quindi la probabilità di ammalare in maniera grave una volta infettati è bassa (se venissero identificati tutti gli infetti, cosa non fattibile, lo si capirebbe facilmente), ma dipende dall'età della persona colpita, ovvero aumenta con l'aumentare dell'età, e anche se possono manifestarsi rari casi con sintomi pesanti fra i giovani oltre che in immunodepressi, a essere a maggior rischio di ammalare gravemente sono i grandi anziani.

Leggi anche
Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL

threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram

ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza